June 29, 2016

Passione & Cultura

focus“ Il fumo, all’inizio delle civiltà umane, non era oggetto di consumo di massa ma anzi era qualcosa di sacro, era un’esclusiva dei sacerdoti.

Quelli Maya Atzechi, già verso il mille a.C., soffiavano il fumo verso il Sole e in direzione dei punti cardinali per comunicare con le divinità. La nuvoletta di fumo, “immateriale” proprio come potrebbe essere uno spirito, era un’importante strumento religioso.

La funzione del fumo di tabacco fra i nativi americani era dunque quella di provocare uno stato modificato di coscienza, aspirandolo con forza e in grandi quantità.

Il tabacco veniva anche masticato o sniffato in polvere per usi più comuni, con presunti poteri curativi, oppure mischiato con cenere e usato come gomma da masticare. Lo usano ancora oggi così gli Yanomami del Brasile con effetti, pare, positivi sul ph della bocca e sulla salute dei loro denti (sulla base dalle ricerche di due odontoiatri di Torino).”

da Focus.it


Proprio identico a oggi, dove si inizia a fumare nei bagni di scuola con improbabili marche e tanto più improbabili blend di tabacco con le peggiori mescole chemical popolari.

Dove si esorcizza il feticcio del vizio e della dipendenza dalla nicotina con sottoprodotti cinesi elettronici dalle forme sempre più lontane da ciò da cui cerchiamo di scappare, la sigaretta, e che poi alla fine torniamo a riacquistare e usare poi ancora più in dipendenza.

Ma in dipendenza da che, dal tabacco che nelle sigarette sta alla nicotina come l’acne giovanile sul viso di un imitatissimo Vespa?

Oppure dal rito liberatorio dell’accensione di una sigaretta negli ultimi posti disponibili e consentiti al netto dei bagni sui treni?

Insomma il fumo e soprattutto il suo sottoprodotto di quasi tutte le civiltà post amerinde, la sigaretta, grazie alle grandi industrie del tabacco è virato da ciò che originariamente era cultura di pochi, addirittura ritualità religiosa, in una dipendenza dal niente.

costrCome dare infatti un nome diverso alla pratica del fumo di sigaretta?

In verità sto usando parole e concetti negativamente forti e lontani dalla mia pratica quotidiana di liberale e acceso sostenitore del vivi e lascia vivere, ma in questo caso non me la sento proprio di defilarmi da un “je accuse” totale e incondizionato verso il fumo della sigaretta.

Mi dispiace ma da ex fumatore di sigaretta, in linea con la tradizione che vuole appunto gli ex  degli integralisti, non posso non accendere un faro sulle disgrazie che quotidianamente le “bionde” ci scaricano addosso.

Vestiti sempre maleodoranti di fumo, palato ormai negato ai piaceri che la nuova cucina tenta di regalarci, rum che degustati a occhi chiusi sembrano grappe ma soprattutto dipendenza meccanica e compiaciuta da un gesto ormai che anche la filmografia, non più sovvenzionata dai colossi del tabacco americani, ritiene obsoleto e poco “dandy”.

Accendersi una sigaretta è un po’ come spegnere il lumicino della ragione ma soprattutto del piacere.

È sicuramente allontanarsi da quanto invece è cultura a tutto tondo, la cultura dei piccoli piaceri quotidiani che dovremmo cercare di permetterci in una contaminazione “controllata” che passa trasversalmente per il bere, il cibo e quant’altro rappresenti il prodotto di un uomo che cerca con il suo fare di rappresentarsi.

Il sigaro, quello cubano, quello fatto a mano, quello fatto a Vuelta Abajo, con quasi 100 passaggi di produzione dal seme alla rollatura tutti fatti a mano, rappresenta sicuramente la possibilità di avvolgerci in una nuvola di fumo vivendo però in pieno una passione davvero molto vicina a quel concetto di cultura a tutto tondo di cui parlavo prima.

Handmade cigar production, process. Tabacalera de Garcia Factory. Casa de Campo, La Romana, Dominican Republic.

Oddio, non me ne vogliano i fumatori di Toscano e le ultime sue accezioni regionali, non me ne vogliano gli appassionati di Caraibici, ma lo ripeto sono un integralista e poi dopo il Top c’è sicuramente un Super Top ma poi basta….

Ho ancora impresse le reazioni compiaciute e meravigliate di amici che si sono avvicinati al fumo del cubano e non l’hanno più abbandonato, ricordo con piacere amici che pur non sapendo niente di degustazioni hanno incominciato a parlare di sapori e aromi.

Ma soprattutto hanno incominciato a parlare, sì, perché questo è il piccolo miracolo che avviene in una seduta di fumatori lenti (ci chiamano così ma vi assicuro che lenti proprio non siamo…..), si parla e si discute scambiando pareri e impressioni.

Ci si relaziona e si rispettano le indicazioni e le “rivelazioni” degli amici esperti, insomma da una nuvola di fumo e basta ci si incontra aprendo le proprie menti e spingendo i nostri sensi dove la cultura degli affetti e delle cose belle e buone ci tiene per mano e ci fa crescere mai da soli.

Ci vediamo al club.

Antonio Lo Presti

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Si ricorda inoltre che secondo l’articolo 46 L.29/12/1990 il fumo nuoce gravemente alla salute.